giovedì 28 febbraio 2013

Radioattività e cesio nel suolo di Fukushima.


Spettro gamma di una sorgente di cesio 137 pura
  

Raccolta di campioni nella regione di Fukushima
L'incidente alla centrale di Fukushima-1 ha rilasciato grandi quantità di materiale radioattivo nell'aria: questa è dominata dagli isotopi  radioattivi del cesio-137 e -134. In un post precendente sono state confrontate misure di radioattività ambientale, mostrando come le radiazioni di 'fondo' a Roma siano superiori a quelle di Tokyo. 

In figura è mostrato lo spettro dei raggi gamma emessi da una sorgente artificiale di cesio 137 acquisito con lo stesso strumento del post precedente. Il cesio decade in uno stato eccitato del bario (emettendo un elettrone ed un antineutrino). La diseccitazione del bario emette un raggio gamma dell'energia di 661 keV. Questo processo è analogo alla fluorescenza, solo che nel  materiale fluorescente vengono eccitati gli elettroni atomici. Il ritorno (diseccitazione) allo stato fondamentale emette luce (tra 2 e 3 eV), ossia radiazione elettromagnetica. Le energie in gioco nel nucleo sono migliaia di volte più intense e pertanto la radiazione elettromagnetica emessa ha un'energia migliaia di volte maggiore.  
A sinistra del picco si ha la "spalla Compton", prodotta da raggi gamma del cesio che colpiscono un elettrone atomico e lo accelerano con un'energia di poco inferiore, a seconda dell'angolo con cui viene emesso. 
All'estrema sinistra vi è poi un picco a 30 keV anch'esso dovuto all'emissione di raggi X della  diseccitazione del bario.

L'analisi spettroscopica di un campione di suolo della regione di Fukushima raccolto a gennaio 2013 mostra una struttura più complessa. In questo caso si tratta di un campione particolarmente contaminato, preso sul ciglio di una strada montana tra la città di Fukushima e la costa. Altri campioni non sono così attivi. Presumibilmente il deposito dell'acqua e della neve ha fatto accumulare grandi quantità di cesio  sul bordo della strada. Come già descritto in altri post, dal reattore della centrale è fuoriuscito anche cesio-134  che decade in bario con dei picchi a 600, 790, 1400 e 1600 keV (quest'ultimo fuori scala del rivelatore). Ciascun gamma ha la sua spalla Compton: la somma delle varie emissioni produce il caratteristico spettro mostrato in figura.
File:Cs-137-decay.svg
Schema di decadimento del cesio 137 (da qui)
Va ricordato che il cesio 134 ha un tempo di decadimento di due anni, per cui la presenza di questi picchi denota la provenienza  di Fukushima. In altri casi l'assenza di cesio 134  è stata utilizzata per mostrare come funghi che pure avevano radioattività sopra la soglia di 100 Bq/kg non erano stati contaminati dalla centrale, ma presumibilmente da precedenti test nucleari. 
Spettro gamma di un campione
di suolo della regone di Fukushima
Conoscendo le probabilità dei vari decadimenti e misurando l'altezza dei picchi è possibile risalire alle abbondanze relative dei vari isotopi. Conoscere l'attività di un dato campione in Bq/kg è molto più complicato in quanto è necessario tener conto della geometria ed efficenza del rivelatore: sarà argomento di un prossimo post. 

venerdì 15 febbraio 2013

Come deflettere asteroidi e meteoriti e salvare la Terra senza essere Bruce Willis

Il meteorite di Chicxulub, nella penisola
dello Yucatan. Immagine e (c) di
Shun Iwasawa
L'esplosione di una meteora sugli Urali quest'oggi 15 febbraio, ha mostrato come la minaccia di asteroidi e corpi celesti non si trova solo nei pessimi film di Hollywood o nelle passate ere geologiche ma è attuale e non trascurabile. 
Non c'è stato impatto al suolo: sulla terra sono caduti solo alcuni frammenti. I feriti sono dovuti all'onda d'urto dovuta alla compressione dell'aria che ha spaccato vetri e divelto porte e finestre. 
Nella sua drammaticità mostrata dai vari video, questo era un oggetto molto piccolo, che non è stato neanche rivelato dai sistemi di tracciamento terrestri (che pure soffrono di mancanza di fondi). In passato oggetti più grandi, come a Tunguska, hanno distrutto enormi aree. 
Per questo motivo, negli anni scorsi sono state studiate varie e disparate tecniche per deflettere un asteroide dalla sua traiettoria.
Tracciamento degli asteroidi e tempi di allestimento sono descritti in un post gemello su scientificast.it Tutti gli scenari presuppongono comunque una missione che agisca con almeno 10 anni di anticipo (supponendo che sia pronta), date le masse  e velocità in gioco. Purtroppo salvataggi all'ultimo secondo stile Bruce Willis sono resi impossibili da semplici considerazioni di energia cinetica di questi oggetti. 
Per salvarci dall'estinzione vi sono varie idee, alcune assolutamente irrealistiche, altre con discrete potenzialità:


Esplosione nucleare. Un grande classico, ottima efficienza di conversione massa/energia. Se fatta esplodere a distanza di qualche centinaio di metri, l’energia rilasciata sotto forma di raggi X e neutroni riscalda lo strato superficiale fino a farlo bollire e farlo distaccare dall’asteroide creando un getto che ne  devia la traiettoria. La distanza ottimale dell’esplosione è a circa il 40% del raggio dell’asteroide,  quindi 200 m per un corpo di 1 km. L’esplosione necessaria varia da 1 a 10Mt (Milioni di tonnellate di esplosivo equivalenti. Hiroshima era 0.01Mt).  Se l’arma è fatta detonare sulla superficie o sotto la superficie è sufficiente una energia minore, da 0.040 a 0.1 Mt: tuttavia bisogna tener conto anche della massa aggiuntiva per il sistema di atterraggio e di scavo, che rendono più complicato il profilo di missione ed aggiungono macchinari che potrebbero malfunzionare. Plausibile

Concentratore solare
Telescopio con due lenti di Fresnel di  1 m. E' utilizzato
per guardare i raggi cosmici di notte
 nell'esperimento JEM-EUSO ma se puntato sul sole farebbe
evaporare l'asfalto in pochi istanti.
In questo caso si pensa di utilizzare delle lenti per focalizzare la luce del sole in un punto dell’asteroide scaldandolo sino a far vaporizzare la roccia. Il continuo zampillo di roccia fusa accelera lentamente l’asteroide sino a farlo deviare dalla traiettoria originale. Per avere un’area di qualche metro quadro è possibile utilizzare delle lenti di Fresnel. Questo tipo di lenti prende il nome dallo scienziato francese del XVIII secolo che le inventò per utilzzarle nei fari. Una lente di Fresnel è come una lente normale cui sia stata tolta tutta la parte interna, e riportata su un solo foglio zigrinato la curvatura della lente. In questa maniera è possibile realizzare ampie superfici con un enorme risparmio di massa. Lenti di questo genere sono in corso  di realizzazione in un esperimento per  studio di raggi cosmici di ultra-alta-energia dallo spazio. Nell’esperimento JEM-EUSO si realizzerà un telescopio del diametro di 2.5 m di apertura con lenti di Fresnel. In questo caso si vuole osservare la luce di fluoresecenza emessa dalle particelle nella loro interazione con l’atmosfera. Lenti simili possono essere montate  su una sonda interplanetaria che raggiunga l’asteroide sino a mettersi in orbita attorno ad esso. Le difficioltà tecniche nascono dalla necessità di allineare correttamente le lenti con i sole e l’asteroide, creando il getto di roccia fusa  in maniera che lo allontani dalla Terra. Inoltre il gas e la roccia sparata dall’asterodie potrebbero sporcare la lente rendendola opaca e meno efficiente. Si tratta comunque di uno dei sitemi più semplici per realizzazione e tecnologie a disposizione. Plausibile 


Laser a microonde e deposizione di energia. Sparare da terra con un laser o fascio di microonde avrebbe il vantaggio di utilizzare strutture molto potenti, ma lo svantaggio di poter essere utilizzato solo quando l’asteroide è molto vicino alla terra. Inoltre il laser sarebbe sparato verso la “testa” dell’asteroide, mentre la massima deflessione si avrebbe colpendolo di fianco.  Assumendo una distanza di fuoco pari a quella dell’orbita della Luna, anche utilizzando uno dei laser più potenti (92MJ) con l’efficienza massima, lascerebbe solo tempo per due dozzine di colpi, sufficienti al massimo per distruggere oggetti grandi   che quindi si disintegrerebbero comunque nell’atmosfera. Irrealistico, troppo tardivo

Propulsione. Difficile a realizzarsi per le elevate quantità di carburante necessarie. Un motore a propulsione chimica  dovrebbe bruciare 50 tonnellate di carburante per un’ora per spostare un corpo roccioso di 150 m. La quantità di carburante cresce con la massa, ossia il cubo del raggio per cui un asteroide ipotetico di 1 km richiederebbe 15mila tonnellate di carburante. Si è anche ipotizzato di utilizzare motori più efficienti, alimentati con reattori nucleari, che possano espellere idrogeno a 3000 gradi  e che richiederebbero una massa di 14 tonnellate,  minore  ma ancora elevata . Questi motori furono provati negli anni ’60 e ’70 ma non divennero mai operativi. Alle difficoltà di trasporto si sommerebbero quelle di assemblaggio ed installazione del motore, che richiederebbero una missione con uomini, estremamente complessa. Irrealistico

Propulsione elettrica e a plasma: SI tratta di una propulsione a ioni in cui un minuscolo getto di atomi ionizzati viene espulso dal motore. Questa tecnologia è stata già utizzata in missioni che hanno raggiunto asteroidi, come Hayabusa giapponese. È estremamente efficiente ma è terribilmente lenta. Per deflettere un asteroide servirebbe comunque un reattore nucleare per fornire l’energia necessaria.  Inoltre sarebbe necessario attivare il motore solo quando la rotazione dell’asteroide è nella posizione corretta, altrimenti si rischierebbe di non far nulla o peggiorare la situazione. Troppo lento

Vele solari nella
fantascienza
Vela solare Questa tecnologia sfrutta la pressione di radiazione del Sole per spingere lentamente una vela composta di un materiale ultraleggero. Anche in questo caso le spinte in gioco sono infinitesimali (8 microNewton  per metro quadro), per cui servirebbe una vela grande 100 volte la stazione spaziale internazionale per spingere via con una velocità di 5cm/s un oggetto di “appena” 150 m in un anno. La tecnologia della vela solare è stata già provata con oggetti molto più piccoli e risulta comunque promettente per l’esplorazione futura del sistema solare. Troppo lento ma con altre potenzialità

Orione Per deflettere gli asteoridi si potrebbe ripescare dal cassetto il Progetto Orione, approntato nei primi anni Sessanta su un’idea del fisico nucleare Theodore Taylor (1925-2004). Il progetto prevedeva di far detonare delle piccole bombe nucleari a qualche decina di metri dall’astronave e utilizzare l’onda d’urto per spingerla in avanti. Al tempo fu calcolato che una navicella con questo tipo di propulsione avrebbe potuto raggiungere Plutone e tornare indietro in meno di un anno, coprendo una distanza 400 volte superiore a quella che ci separa da Marte. Tutto bene secondo i calcoli e la tecnologia. Ma il progetto fu forzosamente abbandonato nel 1963 in conseguenza della ratifica che proibiva i test nucleari nell’atmosfera. Plausibile tecnicamente ma improbabile dal punto di vista politico.
Allo stato attuale siamo quindi lontani dall'essere in grado di salvarci da un asteroide come quello di Chicxulub o quello di Tunguska. Nonostante tutto il nostro progresso scientifico non siamo molto più protetti dei dinosauri.
(1) continua

Tratto ed adattato dal libro su "come sopravvivere alle catastrofi", di prossima pubblicazione.
Il capitolo dei Maya è comunque gratuitamente disponibile qui


Radon from Rome, Cesium from Fukushima: environmental radiation and gamma spectroscopy


The detector C12137, at the bottom right in the photo. 
(iaIt connects via USB to the computer for the acquisition
(Italian version here)
The Fukushima accident released large quantities of radioactive materials in the environment, especially iodine and cesium. Iodine decayed in  a few weeks, leaving  cesium-134 and 137 as potential contaminants of the environment and food. A Geiger counter is sufficient to measure the amount of environmental radiation. This detector, however, counts indistinctly each gamma ray that hits it, regardless of the energy of the particles.To estimate the amount of cesium in the environment (and especially in food) is necessary a spectrometer, capable of determining the energy of gamma rays. Since each isotope emits gamma rays of specific energies, from the analysis of the peaks, it is possible to determine the amount  of the various isotopes present.
Recently, Hamamatsu photonics, a company specializing in the development of detectors for space physics, particle and medical devices, has released a portable detector ( C12137) with a crystal to stop the gammas (CsI) and a Silicon Photmultiplier (or a MMPC as they call them) to reveal the energy by measuring the emitted light . The simplicity of this relatively new detector, invented by a Russian scientist, is that it does not requires high voltages, is as small as a pack of cigarettes and you can connect to any USB port. As all  spectrometers,  however, the cost is about 20 times that of a Geiger counter.

The  picture above   shown the radiation in Rome, in a fourth (fifth by Japanese counting) floor apartment: it is 0.25microSv/hour (with peaks of 0.35).
As mentioned, the advantage of the gamma spectrometer, however, is to count, for each decay, the energy of the rays that hit him. In about an hour and then it is possible to obtain a spectrum which describes the type and amount of ambient radiation. To improve the statistics and better highlight the peaks is, however, advisable to wait a while longer. In the figure below you can see how the spectrum in Rome (and in much of Italy) is dominated by radon 222, a noble gas source to the high amount of environmental radiation. Usually the radon comes from the subsoil and from tuff, but in this case, being a flat on the fourth floor, is more likely to come from pozzolanas of construction materials. 

Spectrum of the radiation environment in a home 
of Rome. The peaks of radon 222 are clearly visible. 
Spectrum of an hour equivalent averaged over 7 hours

The figure below compares two spectra  taken in Rome with two acquired in Japan. The value of Rome is the higher (0.25microSv /h), followed by the basement laboratories of Tor Vergata University in Rome(0.10 microSv / h, where, however, there is not much radon), Kokubunji (0.05), and the fourth floor in Wako (0035 microSv / h).Note the almost total absence of radon in Japan (in the onsen, however, may be  higher). The peak at 1460 keV is probably due to Potassium 40 (aka Calium - the same present  in bananas).
Radiation comparison between Italy and Japan. 
The radioactive background is higher in Rome than in Tokyo

The arrow marks the 660 keV regiorn where   the peak of cesium 137 should be located: as is evident there are no measurable quantities of this species above the bottom of the radiation environment. 

Cesium can be detected detected in various hotspots in the region of Fukushima and in soil samples: this topic will be discussed in a next post.

(1) continues
Previous post on this topic in english:

Let's measure Radiation: the radioactivity of everyday objects 放射線を測って見よう (also in Japanese)


Survivalism and the real radiation contamination in Japan


mercoledì 13 febbraio 2013

Dal Radon di Roma al Cesio di Fukushima: (1) Spettrometria gamma e radiazione ambientale





Il rivelatore C12137, in basso a destra nella foto.
Si collega via USB al computer per l'acquisizione
L'incidente di Fukushima ha diffuso nell'ambiente grosse quantità di materiali radioattivi, soprattutto iodio e cesio. Lo iodio è decaduto in poche settimane, lasciando il cesio 134 e 137 come potenziale contaminante dell'ambiente e del cibo.  Per misurare la quantità di radiazione ambientale è sufficiente un contatore geiger, che conta indistintamente ogni raggio gamma che lo colpisce, indipendentemente dall'energia.
Tuttavia per stimare la quantità di  cesio nell'ambiente e soprattutto nel cibo è necessario uno spettrometro  in grado di determinare l'energia di ciascun raggio gamma. Dato che ciascun isotopo emette raggi gamma di energie specifiche, è possibile risalire alla quantità dei vari isotopi presenti. 
Di recente la Hamamatsu photonics, ditta specializzata nella realizzazione di rivelatori per la fisica spaziale, delle particelle e medicale, ha messo in commercio un rivelatore portatile (C12137) con un cristallo per fermare i gamma (CsI) e un Silicon Photmultiplier (o MMPC come li chiamano loro) per rivelarne l'energia misurando la luce emessa. La semplicità  di questo strumento è che non richiede alte tensioni, è piccolo come un pacchetto di sigarette e si utilizza come una periferica USB. Il costo è però circa 20 volte quello di un contatore Geiger.

Nella  foto sopra è mostrato il valore misurato al quarto piano, a Roma: si tratta di 0.25microSv/ora (con punte di 0.35).

Il vantaggio dello spettrometro gamma è però quello di poter contare, per ciascun decadimento, l'energia dei raggi che lo colpiscono. In circa  un'ora è possibile quindi ottenere uno spettro che descrive tipo e quantità di radiazione ambientale. Per migliorare la statistica ed evidenziare meglio i picchi è però consigliabile attendere un tempo maggiore. Nella figura sotto è possibile vedere come lo spettro a Roma (e in buona parte d'Italia) sia dominato dal radon 222, un gas nobile fonte della elevata quantità di radiazione ambientale. Di solito il radon proviene dal sottosuolo e dal tufo, ma in questo caso, trattandosi di un appartamento al quarto piano, è più probabile che provenga dalle pozzolane dei materiali da costruzione.

Spettro della radiazione ambientale in un'abitazione
di Roma. I picchi del radon 222 sono chiaramente visibili.
Spettro di un'ora equivalente mediato su 7 ore



In figura sotto sono confrontati due spettri presi a Roma con  due acquisiti in  Giappone. Il valore di Roma  è quello maggiore (0.25microSv/h), seguito dai laboratori seminterrati  di Tor Vergata (0.10 microSv/h, dove però non vi è molto radon), Kokubunji (0.05),  e il quarto piano a Wako (0.035 microSv/h). Si noti la quasi totale assenza del radon in Giappone (nelle onsen è però più alto). 

Confronto radiazione tra Italia e Giappone.
Il fondo radioattivo è più alto a Roma che a Tokyo
La freccia intorno ai 660 keV mostra dove dovrebbe trovarsi il picco del cesio 137: come è evidente non vi sono quantità misurabili sopra il fondo della radiazione ambientale.

Il cesio è però rivelabile in vari punti della regione di Fukushima e nei campioni di terreno:  questo argomento verrà discusso in un prossimo post.



lunedì 11 febbraio 2013

I nomi di Fukushima



CIMG_8822__t
Una delle zone distrutte dallo tsunami del 2011: il lago d’acqua salata non è stato ancora bonificato. Le case sullo sfondo sono state ricostruite.
Fukushima, l’isola (島 – shima) della fortuna (福 – fuku), una parola ormai così abusata e sfruttata – soprattutto fuori del Giappone –  da aver cancellato i  suoi significati originali. I nomi di Fukushima  celano storie più complesse ed sfaccettate di quanto la  forzata proiezione sul solo aspetto nucleare vorrebbe far intendere.
Fukushima è una prefettura a circa 300 km a Nord-Est di Tokyo; due milioni di abitanti in un’area  grande poco meno del Lazio, ricca di montagne e splendide quanto micidiali coste.
Fukushima è la città capoluogo di questa regione,  con 300,000 abitanti. A seguito del terremoto del 2011 la città rimase senz’acqua a seguito dei danni alle condutture provenienti dalla diga di Surikamigawa.
AIMG_7798_gambaro_tGambarou – Forza Fukushima!






Ben più gravi sono stati gli effetti dello  tsunami sulle coste di Fukushima: Più di 18000 morti, decine di migliaia di sfollati, 50000 edifici distrutti ed il triplo danneggiati da terremoto e tsunami; danni per decine di miliardi di euro. Se in molti luoghi la ricostruzione è completa, nelle zone più colpite non  è rimasto quasi  più nessuno per ricostruire ed i pochi superstiti sono stati ‘rilocati’ altrove.
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lunedì 4 febbraio 2013

Comici irlandesi, Karl Popper ed ImPar Condicio nella scienza



Dara Ó Briain è un comico irlandese noto soprattutto nei paesi di lingua anglosassone. In questo video ci narra la sua posizione su scienza, medicina e rimedi alternativi, omeopatici e "alternativi".
Non  ha senso parlare di  par condicio  quando si ha a che fare con la scienza "ufficiale", dice il comico di Dublino;  il fatto che la scienza non sa tutto - argomenta - non autorizza a "tappare i buchi" con qualunque teoria squinternata o folle pozione pseudo-medioevale.
Ó Briain, che  ha studiato matematica e fisica, attacca frontalmente e con arguzia  uno dei principali problemi delle trasmissioni "scientifiche" o dei talk show: non esistono 'due versioni' come nel caso della politica, del calcio o - talvolta - delle interpretazioni degli eventi storici.
Il filosofo Karl Popper
 Questa 'posizione  privilegiata' deriva dal metodo scientifico, introdotto da Galileo Galilei: negli ultimi quattro secoli ha fatto progredire le conoscenze del nostro universo e introdotto innumerevoli applicazioni pratiche ed invenzioni che hanno cambiato la faccia del pianeta. 
Popper ed i filosofi neo-positivisti hanno formalizzato questo processo investigativo agli inizi del XX secolo:  ripetendo l'esperimento, una teoria scientifica può essere verificata o falsificata. Può quindi essere dimostrata errata (è il caso dei neutrini superluminari) o valida in un contesto ristretto (come per la Legge di gravitazione di Newton e la Teoria della relatività di Einstein). 
Talvolta dati e misure possono essere  artefatti con malizia; in altri casi teorie trascurate o addirittura derise (come la materia oscura) passano in primo piano. Il processo investigativo può richiedere decenni e non è scevro di imbrogli, lobbies e lotte di potere, ma senz'altro non può aver luogo e non può svolgersi nel format televisivo che lo showman  deride nel suo brillante discorso.

Grazie ad Oscar per il link.