lunedì 29 ottobre 2012

Il Giappone e la predizione dei terremoti.


Un paese soggetto a terremoti come il Giappone ha sviluppato negli anni una serie di reti di misura e di protocolli per ridurre i danni dei sismi che colpiscono periodicamente l'isola. 
Le contromisure riguardano la costruzione di edifici e strutture antisismici (qui un post precedente),  la messa in opera di piani di evacuazione dalle metropoli ed esercitazioni. Queste ultime coinvolgono sia gli studenti delle scuole che i loro genitori, che partecipano a varie simulazioni annuali in cui lo scenario  richiede che i genitori vadano a prendere i figli a piedi, presupponendo l'assenza di treni e trasporti pubblici.
Allerta a brevissimo termine
La differente velocità di propagazione delle onde può essere sfruttata per localizzare l’epicentro del sisma, con un processo analogo a quello della stima della  distanza dei fulmini contando i secondi che intercorrono tra l’arrivo del lampo e del tuono. Infatti, dai primi studi del geologo Mohorovičić  le tecniche di rivelazione delle onde sismiche sono migliorate continuamente, giungendo ad effettuare una vera e propria tomografia dello stato del sottosuolo. Tramite l'analisi delle onde è stato anche possibile in passato per le superpotenze controllare numero ed intensità dei test nucleari effettuati dal nemico.
Schema di funzionamento dell'Early Warning  giapponese
In Giappone, le onde P sono anche utilizzate come sistema di allerta (l'unica vera previsione possibile): quando sono rivelate da almeno due  sismografi del EEW (Earthquake Early WarningKinkyū Jishin Sokuhō)  questi trasmettono un segnale alla centrale più vicina che determina distanza e intensità del sisma incombente. Se questo supera la soglia di 5 (scala giapponese), viene emesso un allarme via TV, cellulari e internet. Anche se  si tratta di una manciata di secondi, un minuto nel migliore dei casi, questo è spesso sufficiente per bloccare le attività più pericolose, fermare i treni superveloci e ridurre così i danni.

Istituti, agenzie ed allerta a lungo termine 

Per quanto riguarda la predizione dei terremoti, la possibilità che un sisma di intensità simile o poco inferiore (grado 7) a quello che colpì l'aera di Tokyo nel 1923 (Great Kantō Earthquake) è stimata - dall'Istituto per la ricerca sui terremoti dell'università di Tokyo - pari al 70% nei prossimi quatto  anni e del 98% nei prossimi 30. Questo per via dell'accumularsi dell'energia nella faglia che passa in prossimità della capitale giapponese (Il terremoto del 2011 ha interessato un'altra faglia).
L'agenzia metereologica giapponese è invece  preposta al monitoraggio e allo studio di eventi climatici, dalle previsioni (forecast) del tempo alla predizione (prediction) dei terremoti. Fornisce informazioni in tempo reale su tifoni, terremoti ed altre calamità naturali. 
La pagina dedicata al  futuro terremoto del Kanto riporta al momento  "nessuna informazione", sulla base dell'assenza di segnali precursori dei terremoti. I livelli di guardia e le azioni da intraprendere sono riassunti nella tabella riportata. 
La tabella con i livelli di allerta della JMA giapponese
 Vale la pena notare, anche alla luce della recente sentenza sulla mancata allerta del terremoto de L'Aquila, come i cittadini sono rimandati agli avvisi del governo e delle amministrazioni locali. 

Per quanto riguarda gli organi di stampa e radiotelevisivi va notato come le informazioni sono aggiornate in tempo reale e la qualità dei servizi divulgativi e di alto livello,  di carattere tecnico con  la completa assenza di pseudo-scienziati  e teorie senza prove scientifiche. 


mercoledì 24 ottobre 2012

Il terremoto e la Casta degli Apprendisti Stregoni

L'apprendista stregone del 2000,
un dottorando o un precario della
ricerca.
E' difficile comprendere la condanna in primo grado ai membri della Commissione Grandi Rischi prima del deposito delle motivazioni della sentenza. Leggendo i commenti su blog (anche qui, qui e qui), giornali e social network  è possibile però rendersi conto di quanto sia profonda la spaccatura e le incomprensioni tra l'ambiente scientifico ed il resto  della società.  Questa distanza è maggiore in Italia che in altri paesi europei, ma basta pensare agli Stati Uniti e al creazionismo per rendersi conto che il nostro paese non è poi così anomalo sotto questo aspetto.

I commenti a caldo contro la sentenza de L'Aquila è stata spesso interpretata come una  levata di scudi  della "Casta degli Scienziati" che difende i suoi appartenenti, alla stregua delle altre: politici, giornalisti, magistrati, industriali...
Si potrebbe controbattere a questa affermazione iniziando a far notare are che la maggior parte dei commenti accalorati viene da studenti  di   scientifiche (e non). Altri sono precari della ricerca che difficilmente possono essere accusati di condividere interessi non scientifici ma economici o di convenienza con Professori,  Presidenti di Enti e Commissioni. 

Tuttavia questo non cambia la sostanza della questione: una parte non trascurabile del Paese crede che si possano prevedere i terremoti, che forse i vaccini fanno più male che bene,  che la radiazione sia presente solo nelle centrali nucleari, e che comunque gli scienziati truccano i loro risultati barando un po' come tutti. 

Il metodo scientifico e il criterio (spesso abusato) di falsificabiltà  della scienza danno forza agli argomenti portati per dimostrare le affermazioni citate sopra e fornisce loro un grado di affidabilità  superiore a quello che altrimenti sarebbe l'ennesima discussione politica o  sportiva, ma non può fornire alcuna certezza assoluta in nessun campo, soprattutto in sistemi complessi come quelli geologici. 
Soprattutto però non aiuta nel dialogo - essenziale quanto ridotto ai minimi termini -  con  chi non condivide i principi, le modalità e i meccanismi di funzionamento della ricerca scientifica. Se un giudice statunitense ordina di insegnare nelle scuole creazionismo e la Teoria dell'Evoluzione come due possibilità/opinioni/eccentricità non c'è molto da fare se non cambiare la scuola ai propri figli. 

In Italia non siamo ancora a questi livelli, ma le divisioni, incomprensioni e le differenze di linguaggio dovuti a vari e disparati motivi tengono ancora molto lontano il mondo scientifico dal resto della società, senza che sia visibile un'inversione di tendenza. 

lunedì 22 ottobre 2012

In attesa dell'Apocalisse (1): La matematica Maya

Questo è il primo di una serie di post sui Maya e la loro cosiddetta profezia, secondo la quale il mondo dovrebbe finire a causa di una catastrofe cosmica il 21 dicembre del 2012. A costo di rovinare il finale è possibile affermare che la profezia è una completa sciocchezza: tuttavia, la storia dei Maya racchiude ancora molti misteri non solo archeologici ed è ricca di vicende di rilevanza cruciale per il mondo di oggi. Dare ascolto alle ‘profezie’ ed a cataclismi presunti non fa altro che distogliere l’attenzione dai reali eventi catastrofici che hanno caratterizzato la complessa storia di questo popolo e che possono riproporsi – con le dovute analogie e specificità - su scala mondiale anche al giorno d’oggi. Questo antico popolo è stato infatti soggetto alla maggior parte di quegli stessi eventi catastrofici che minacciano  su scala planetaria – realmente o nell’immaginario collettivo - la nostra civiltà. 

I post sono basati sul libro Mai più Maya, disponibile  onlineda ebrooks.it, dove è possibile scaricarlo liberamente a questo indirizzo

L'aritmetica dei Maya

I Maya misero a punto una matematica estremamente avanzata ed efficiente, fondamentale per i loro successi nei calcoli astronomici. L'impostazione era in base 20 (il numero delle dita delle mani e dei piedi) con simboli che vanno da 0 a 19. Quella occidentale, come è noto, è in base 10 (il numero di dita delle mani) e, originariamente, non conosceva lo zero. Con lo zero è molto più semplice effettuare addizioni e sottrazioni di quanto non fosse possibile con la notazione greca e romana.
I numeri da 0 a 19 secondo la rappresentazione dei Maya.
I glifi potevano essere scritti anche in verticale e sostituiti
da rappresentazioni più complesse nelle stele e documenti più elaborati.
I Maya utilizzavano tre simboli: lo zero (un cerchietto), l’unità (un pallino) e il cinque (un trattino), a comporre una figura unica per ciascuna cifra da 0 a 19. I caratteri possono essere scritti sia in verticale che in orizzontale.
Nella nostra numerazione, anch'essa indiana ma tramandataci dagli Arabi, è la posizione della cifra a decretarne l'importanza: ogni volta che ci si sposta a sinistra, lo stesso simbolo va moltiplicato per dieci. Quindi la prima cifra indica unità, la seconda decine, la terza centinaia e così via per le potenze di dieci.
Se nella nostra notazione la posizione di una cifra a sinistra incrementa il valore di 10 volte rispetto a quella sita alla sua destra, nel caso dei Maya l'incremento è di 20: perciò 14.7 corrisponde a 14*20+7=287, e 4.9.6 corrisponde al nostro 1.786, perché 4*20*20=1600 e 9*20=180, quindi 1600+180+6 = 1.786. Nelle stele ed iscrizioni ufficiali i numeri potevano essere rappresentati anche da glifi più elaborati e complessi, di solito nelle due varianti a figura completa e sola testa. Nelle iscrizioni più formali i glifi con i numeri da 1 a 19 erano affiancati da quelli dell’esponente, con glifi che rappresentavano il valore di 1, 20, 400, 8.000 e così via sino a 2021ed oltre.

L’importanza dello zero 

Il concetto dello zero era sconosciuto a greci e romani, ed è stato introdotto in Europa nel XII secolo, proveniente dagli indiani e portato in Occidente dagli Arabi.
Lo zero consente di adottare una notazione numerica posizionale, come quella utilizzata ai giorni nostri ed è di cruciale importanza per lo sviluppo della matematica superiore. In questa maniera non solo addizioni e sottrazioni, ma anche moltiplicazioni e divisioni risultano relativamente semplici: per moltiplicare per venti nel sistema Maya basta infatti “aggiungere uno zero”, ossia spostare le cifre a sinistra di una posizione. Analogamente, per effettuare divisioni, è sufficiente spostarsi verso destra, operazione possibile anche per i numeri frazionari dopo la virgola.
Lo zero è presente in molte rappresentazioni numeriche dei popoli del Centro America, ma non è chiaro chi abbia introdotto per primo questo importante concetto. La stele più antica che utilizza questa notazione riporta una data corrispondente al 32 a.C. secondo il calendario di lungo computo per cui l’invenzione dello zero deve essere precedente al manufatto. Questo si trova in territorio olmeco, ma questo popolo si era già estinto nel IV secolo a.C., per cui – in assenza di ulteriori ritrovamenti – non è possibile far luce neanche su quest’altro mistero.
 I numeri da 0 a 19 in una delle molteplici rappresentazioni pittoriche.
(elaborato da 
Cyrus, T., Maya Calendar Systems,  Washington, 1904)
La notazione utilizzata nei calendari maya era però leggermente diversa da quella descritta sopra e non completamente posizionale: la terza cifra non aveva un valore di 400 (20*20), come sarebbe logico attendersi, ma quello di 360. Questa scelta era probabilmente legata alla durata dell’anno solare, più vicino, con i suoi 365 giorni, a questo valore. L’uso di questa notazione era evidentemente studiato per facilitare i calcoli astronomici, sottolineando l'importanza di questa scelta. D'altro canto, però, avrebbe reso impossibile effettuare moltiplicazioni e divisioni nella pratica quotidiana. Si pensi inoltre che numericamente parlando si contava da 0 a 399 per ripartire da 360, con i numeri da 360 a 399 indicabili in due modi diversi. È comunque ragionevole che numeri superiori a 400 fossero poco frequenti ma non assenti nella quotidianità non solo dei Maya, ma anche degli altri popoli del periodo. È quindi possibile che anche per i sistemi di numerazione esistessero più versioni, per esempio una civile e l'altra astronomico/religiosa.
E' plausibile che una notazione completamente posizionale, con il 400 al posto giusto, fosse utilizzata nella vita di tutti i giorni e nel commercio. Ad esempio gli Aztechi – per rendere più agevoli i calcoli di ogni giorno – oltre alla notazione del calendario ricorrevano ad una serie di glifi per numerare ed indicare 20 o 400 esemplari di una data merce. Purtroppo i resti archeologici maya ci forniscono informazioni esclusivamente su date astronomiche o storiche e non sulla vita di tutti i giorni. Pertanto è ancora incerto l’uso che i Maya facevano della matematica al di fuori dei templi e dei palazzi reali: data l’importanza delle date e degli eventi astronomici per formulare gli auspici e la sorte nella vita di tutti i giorni, è plausibile ritenere che le notazioni e le basi matematiche fossero note e praticate nell'uso comune. Ai sacerdoti restava l'appannaggio dei calcoli più complessi del calendario, del calcolo delle date di solstizi ed equinozi e soprattutto dei giorni fausti ed infausti. Agli occhi dei monarchi e della popolazione, questo giustificava il loro ruolo, la loro autorevolezza e la loro sopravvivenza. Così fu, sino al crollo dell’era classica, che è stata la vera fine del mondo dei Maya.

1. Continua

I post sono basati sul libro Mai più Maya, scaricabile gratuitalmente a questo indirizzo

venerdì 19 ottobre 2012

La lunga coda (2): Distanza Terra-Spazio, Bomba e produzione di antimateria.


Questo è il secondo post che si ispira alle parole chiave con cui si viene indirizzati a questo blog: tra i termini più frequentemente richiesti compaiono: 


1) Distanza Terra - Spazio
2) Bomba antimateria
3) Produzione di antimateria 
4)  Disinformazione 2012

Distanza Terra dallo spazio. La domanda è molto più complessa di quanto potrebbe sembrare, perchè si presta a varie interpretazioni: La prima risposta più ovvia è che la terra vaga nello spazio e quindi la sua distanza da esso è la stessa di quella di una nave nel mare, cioè zero. Tuttavia se si prende come punto di riferimento il centro della terra, allora esso dista dallo spazio il raggio terrestre, ossia 6380 km circa. Se invece consideriamo la distanza del suolo terrestre dallo spazio, la distanza è 80 km, quella sopra cui si può essere chiamati astronauti (questo vale anche per i voli suborbitali della Spaceship one ma non per i voli su pallone ed il recente salto da 40 km di  Felix Baumgartner. Considerando la distanza della Terra dal Sole, questa è circa 149 milioni di km, o circa un centesimo del raggio solare. Definita questa come una Unità Astronomica (UA o AU all'inglese) possiamo avere un'idea delle dimensioni de sistema solare ricordando che Marte è a 1.5 UA, Giove a 2.5  e Plutone a 39 UA.  La distanza della Terra e del sistema solare dal centro galattico è poi di 27,000 anni luce, una sana periferia che ci pone al riparo da buchi neri,  radiazioni ed altri corpi celesti che infestano il centro della galassia e lo rendono probabilmente inabitabile. 

ADA (58 Kb)
ADA, il primo strumento in cui
ha avuto luogo una collisione artificiale
materia-antimateria (foto INFN-LNF)
Produzione e bomba  di antimateria. La produzione di antimateria (soprattutto antiprotoni, ossia protoni negativi) e positroni (ossia elettroni positivi)  avviene in molti  acceleratori di particelle del mondo. Vale la pena di ricordare che la prima collisione materia-antimateria del mondo, antesignana dei fantascientifici motori dell'Enterprise ha avuto luogo presso i laboratori dell'INFN di Frascati. Si trattava di ADA (Anello di Accumulazione),  un gioiello ideato da Bruno Touschek, geniale scienziato viennese miracolosamente sopravvissuto alla furia delle SS. Dentro ADA correvano, in verso opposto, fasci di elettroni e positroni in una traiettoria circolare con una curvatura di 65 cm.  Ad ADA seguirono Adone e  Daphne, quest'ultimo ancora oggi funzionante. ADA, il prototipo di tutti gli acceleratori a collisione e forse un giorno dei motori delle astronavi  è ancora visibile in una teca sotto vetro nel giardino dei Laboratori.

Recentemente un esperimento in cui sono coinvolto, PAMELA, ha anche scoperto una fascia di antimateria intorno alla Terra. Putroppo le quantità di antimateria sono troppo piccole per sfruttarle come forma di energia e meno che mai per realizzare una bomba (senza contare che i metodi di confinamento per una bomba di antimateria sono ben oltre le nostre possibilità tecniche ed energetiche). 

Disinformazione 2012. Anche in questo caso le interpretazioni sono molteplici, ma quella più probabile si riferisce alla cosiddetta fine del mondo "predetta" dai Maya per il 21 Dicembre 2012. Ovviamente non ci sarà nessun cataclisma cosmico o terrestre per quella o altre date in relazione con il calendario Maya, che pure rappresenta forse il più grande risultato raggiunto da quella splendida civiltà. Tuttavia l'argomento verrà trattato in dettaglio nei prossimi giorni in quanto di rilevanza fondamentale per la nostra civiltà, anche se per motivi diversi da quelli millantati dalle pseudo-profezie (nonchè uno degli argomenti di un e-libro di prossima uscita).
I glifi che rappresentano i numeri maya

giovedì 11 ottobre 2012

Il Frullatore degli Enti di Ricerca

Il proposto organigramma del nuovo super-ente di ricerca
Cosa hanno in comune l'Istituto di Fisica Nucleare, l'Istituto di Studi Germanici, la stazione zoologica A.- Dohm?


Se avete risposto "Probabilmente nulla, ma che mi frega, frullandoli tutti insieme posso far finta di risparmiare una frazione di quanto viene rubato dalla politica", siete buoni candidati a ricoprire la carica di Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca.

E' infatti di queste ore la notizia del Sole 24 Ore di un Disegno di Legge per sciogliere tutti gli enti di ricerca, inclusa l'Agenzia Spaziale Italiana, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l'INAF e altri istituti.

Dopo i tagli alla ricerca, giunti paradossalmente il giorno dopo la scoperta del bosone di Higgs (con un risparmio pari a 570 metri di metro c viene fuori quest'altra proposta di un mega-accorpamento di enti ed istituti completamente diversi tra loro. Il risparmio non è noto, ma l'articolo riporta il totale del costo di TUTTI gli enti: 1.655.114.653 euro. 
Tra tutti citiamo i 600mila euro del bilancio dell'Istituto di Studi Germanici, inferiore al costo della tangente media o della ruberia tipica uscita in questi giorni cui giornali.



L'accorpamento degli enti di ricerca si è sempre dimostrato storicamente inefficiente e dannoso: abbiamo avuto l'esempio della cancellazione dell'Istituto di Fisica della Materia o dell'accorpamento che ha formato l'INAF. 

La giornalista Claudia di Giorgio, nel suo blog suggerisce che questo sia il solito trucco di spararla grossa per poi ridurre il bersaglio e cancellare tutti gli enti minori salvo tre (di cui una è un'Agenzia Spaziale, quindi diversa per molti aspetti). 

Qui c'è anche una interessante analisi di Roberto Battiston su "Le Scienze" sugli errori ed orrori storici della miope politica della ricerca italiana degli ultimi decenni.

Vedremo quale sarà l'esito di questa ennesima folle proposta. E' comunque sconfortante vedere come  - in nome di un palesemente finto efficientismo - si stia distruggendo un pezzo per volta la capacità di innovazione e ricerca del nostro paese, creando danni a strutture, personale, dipendenti, fino agli studenti. Danni che richiederanno decenni per essere riparati, sempre che arrivi il giorno che se ne avrà voglia.