domenica 30 dicembre 2012

Par condicio astrofisica: la rotazione della Terra e della volta celeste


In un post precedente abbiamo visto come è possibile evidenziare il movimento delle stelle rispetto alla Terra effettuando varie foto in sequenza e sommandole tra loro. 

Il movimento apparente varia a seconda della parte del cielo inquadrata:  puntandolo verso nord appare il movimento circolare attorno alla stella polare, come mostrato nella foto accanto. 
La stella polare, nella costellazione dell'Orsa Minore, è al centro della foto. E' possibile vedere come essa non si trovi perfettamente a nord, ma ruoti anch'essa intorno al polo nord celeste. 
Si tratta comunque di un fenomeno apparente è la terra a ruotare intorno al suo asse passante - per definizione - tra il polo nord e sud. 

L'altezza della stella polare dall'orizzione ci dà la latitude del luogo in cui ci troviamo: è 90 gradi al polo e circa 36 gradi a Tokyo, dove è stata scattata questa serie di 900 foto (ciascuna 10 secondi) per una durata di poco meno di tre ore. Per  verificare di persona la latitudine locale è sufficiente stendere il braccio: chiudendo la mano, il pugno chiuso copre 9-10 gradi. Sovrapponendo più pugni si può quindi stimare la latitidine anche senza goniometri, sestanti  o moderne app.  


Se allineiamo le foto tenendo fisse le stelle con deepsky stacker, come già citato, abbiamo la visione rispetto alle stelle fisse, in cui è apparente la rotazione della  terra. La polare è sempre al centro della foto e le sette stelle dell'Orsa Minore sono disposte verso il basso a destra. In questa prima foto sono state allineate solo 250 immagini, dato che il processore sta ancora lavorando al momento di scrivere e verrà aggiunta successivamente. 

venerdì 28 dicembre 2012

Passato l'Apocalisse (11): Civiltà e cultura Maya

Piramide di Kukulcán  a Chichén_Itzá (foto MC)

La civiltà Maya si sviluppò in America Centrale, nello Yucatán, a partire dal 2000 a.C. Lo Yucatán è una penisola compresa nella fascia tropicale, della lunghezza di 900 km e sita a 1000 km a nord dell’equatore. Ha la forma di un corno che punta verso l’Europa: il nord, ora territorio messicano, è pianeggiante; la regione meridionale - che comprende gli altipiani del Guatemala e si estende sino al Salvador - è montagnosa. Il clima è tipico della foresta pluviale stagionale: piove da maggio ad ottobre e poi da gennaio ad aprile. Andando verso sud le precipitazioni annue crescono da 45 cm a 250 cm ed il terreno diventa più produttivo. Tuttavia le zone meridionali, seppur con maggiori precipitazioni, sono quelle più soggette a siccità. Questo perché il livello del terreno decresce verso nord, per cui i cenote, i pozzi cui i Maya attingevano per rifornirsi d’acqua, si moltiplicano man mano che ci si sposta verso il golfo del Messico: l’intero Yucatán è infatti sospeso sopra una immensa falda acquifera sotterranea.
I Maya furono una delle civiltà mesoamericane più tarde, il che permise loro di adottare ed adattare molte delle scoperte delle popolazioni vicine. La costruzione di villaggi strutturati iniziò attorno al 1500 a.C., mentre la transizione alle città avvenne circa un millennio dopo, solo nel 500 a.C.. I frequenti scambi con i loro più vetusti e progrediti vicini fecero conoscere ai Maya tecniche avanzate di architettura e nozioni di astronomia: favorì inoltre l’introduzione della scrittura che nel Centro-America era apparsa per prima tra gli Zapotechi, nel 600 a.C.. Oltre che dalle civiltà che la precedettero e l’hanno accompagnata, come quella degli Olmechi (dal 250 al 900 d.C.), i Maya restarono in costante contatto con almeno altre tre culture loro vicine: quella di Totihuacán a ventotto miglia a nord-est da Città del Messico, quella degli Zapotechi, nell’Oaxaca con Monte Albán, quale loro principale città, e quella centro-settentrionale di Veracruz.
Le città non erano costruite in prossimità dei fiumi, come accadeva nell’Eurasia, ma su promontori particolarmente vicini alla falda d’acqua. Per facilitare l’approvvigionamento idrico, i Maya ne alterarono la struttura idrografica, accentuando le depressioni carsiche e creando immensi depositi d’acqua sulle sommità fortificate, in grado di soddisfare i fabbisogni idrici di città di decine di migliaia di abitanti per più di un anno. Ad esempio, nella città di Coba, furono costruite dighe intorno a un lago in maniera da innalzarne il livello ed aumentare la quantità d’acqua disponibile.
Anche l’alimentazione era simile a quella dei vicini, dominata dal mais, povera di carne, con coltivazioni fortemente dipendenti dal clima e dalla facilità dell’irrigazione.
Analizzando gli scheletri dei defunti è stato infatti possibile determinare come più di due terzi dell’alimentazione dei Maya provenisse dal consumo di mais e quindi quanto fosse carente di proteine. La dieta era povera di carne: gli unici animali domestici erano cani, polli e tacchini, con pochi contributi di pesce e di fauna selvaggia. Il mais, selezionato nel corso di millenni di coltivazioni, costituiva l’alimento essenziale della dieta di tutti i maya, indipendentemente dal loro stato sociale. Oltre al granturco le colture principali erano i fagioli, le angurie e le patate dolci. A queste, sul versante del Pacifico, si aggiungeva il cacao. Grano e fagioli furono introdotti nel Centro-America verso il 3000 a.C., ma avevano una rendita nella coltivazione più bassa del mais.
Si ritiene che i Maya coltivassero a debbio, ossia bruciassero un tratto di foresta per coltivare il mais nella zona disboscata sfruttando i fosfati ed i minerali provenienti dalla cenere. Non avendo una tecnica di rotazione delle colture, il mais poteva crescere sul terreno per due anni al massimo. Poi il terreno doveva restare a maggese, incolto per parecchi anni prima di riprendersi.



11) continua.
I post sono basati sul libro Mai più Maya, scaricabile gratuitalmente a questo indirizzo

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(4) Terence McKenna e la non-profezia
(2) L'ebook


giovedì 27 dicembre 2012

Inseguendo la stella cometa: fotografia stellare e rotazione terrestre

Il cielo sopra i sobborghi di Tokyo
(Orione è in basso al centro)
100+ frame 30 secondi f3.5
iso 800, canon
In altri post abbiamo accennato alla possibilità di fare delle fotografie astronomiche semplicemente  con una macchina fotografica ed un treppiede. Anche da cieli abbastanza inquinati dal punto di vista luminoso e dello smog come quelli italiani e giapponesi è possibile ottenere dei risultati discreti (e persino spettroscopia stellare) con solo un pizzico di pazienza ed attenzione. 
Effettuando molte foto in sequenza in campo largo (ossia senza zoom) diventa evidente il movimento  apparente della volta celeste dovuta alla rotazione della Terra sul suo asse. Se la macchina fotografica è una reflex la cosa più semplice è comprare un pulsante di scatto remoto (circa 15 euro su ebay). Se si ha una canon si può installare CHDK, un programma sulla memoria che permette di aggiungere una infinità di funzioni alla propria macchina digitale. Alla peggio un po di nastro adesivo sul pulsante di scatto funziona altrettanto bene. 
Se le batterie sono cariche si riesce a fare foto per qualche ora. Per sommarle è possibile utilizzare un programma a pagamento come imagestacker (selezionando l'opzione di prendere il pixel più luminoso, ossia quello della stella, dalla sequenza di immagini). In alternativa ci sono anche programmi freeware come deep sky stacker (che però è più complesso e maggiormente orientato all'allineamento delle immagini in maniera da sovrapporre gli stessi punti l'uno sull'altro). 
Per aumentare il contrasto è possibile usare photoshop, soprattutto l'opzione curves, per aumentare la luminosità delle stelle ed abbassare quella del fondo cielo. Puntando l'obiettivo verso la stella polare l'effetto sarà ancora più spettacolare. 
Il cielo sopra Pietraforte (Sx) e Montorio in valle  (alto a Dx).
La traccia verticale in alto al centro è probabilmente una flare di un satellite dell'Iridium.
200+ frame, f3.5 10s iso 800 canon











lunedì 24 dicembre 2012

Recensione di "Fukushame" di Alessandro Tesei

Foto di A. Tesei, presa dal sito di Fukushame

Grazie alla disponibilità del regista, ho avuto modo di vedere in anteprima "Fukushame".
Il documentario (o documovie d'inchiesta, nelle parole dell'autore) è ben fatto (molto di più di quanto lascerebbe intendere il trailer disponibile in rete) e merita di esser visto, soprattutto per avere uno scorcio di come e quanto sia cambiata la vita degli sfollati a causa della TEPCO.
Infatti a differenza degli spezzoni online che richiamano sfondoni giornalistici dei mesi scorsi, il film, della durata di circa un'ora, è incentrato sugli effetti e la reazione della popolazione  della regione di Fukushima a seguto dello tsunami e dell successivo incidente nucleare. 


Dando spazio alle voci di coloro che hanno subito in vario modo gli effetti dell'incidente, Tesei riesce a cogliere la sensazione di abbandono provata da molti degli sfollati e dei residenti della prefettura di Fukushima. Il governo centrale ha infatti fatto poco per rassicurare la popolazione, con editti e messi "imperiali" che non hanno fatto altro che aumentare la frustrazione e lo smarrimento di chi ha perso casa lavoro, è stato fatto evacuare spesso con separazione dei nuclei familiari. 

A questo si aggiungono gli indennizzi ridicoli da parte della TEPCO, che  - a quanto pare - sta riuscendo ad evitare di affrontare le sue responsabilità morali economiche e civili.  

Particolarmente interessante vi è la descrizione della sua visita all'interno della zona evacuata - del raggio di 20 km - con un gruppo di volontari che fanno del loro meglio per salvare gli animali rimasti abbandonati senza cibo (di nuovo nel disinteresse generale del governo e delle amministrazioni locali). 

Alle interviste a Fukushima si alternano anche informazioni sulla radiazione e sugli effetti della radioattività. Infografica e numeri sono corretti, anche se vi è una discrepanza tra i 3mSv/anno riportata[correttamente min 26.00] dalla grafica e la soglia di 1mSv/anno che viene menzionata dagli intervistati. Quest'ultima è legata al fatto che il fondo di radiazioni  in Giappone è più basso di quello italiano: ad esempio a Roma, con circa 0.33 microSv/ora (ma ai Castelli si arriva più in alto) si è esposti a circa 3mSv/anno. 
Vi è poi un po' di confusione (ma ammissibile in video, dove è necessario semplificare) tra la soglia pericolosa o letale annuale (più alta, ad esempio gli astronauti in orbita sono esposti a poco meno di 1mSv/giorno) e quella da singola esposizione. 
Anche la dinamica dell'incidente ai reattori, dei primi frenetici giorni e della loro messa in sicurezza è forse troppo approssimativa. La descrizione di caos e "brancolare nel buio", fatta anche dal fisico e divulgatore nippo-statutitense Michio Kaku si applicava ai primi mesi dopo l'incidente, ma non allo stato attuale delle cose. 

La "shame" del titolo viene associata esclusivamente agli incidenti nucleari (che ha causato indirettamente varie centinaia di morti). E'  opinione di chi scrive che questa si possa applicare a tutta la gestione dell'emergenza post-tsunami, in cui - come già citato - il governo centrale e l'apparato statale si sono rivelati incapaci a gestire l'emergenza sotto il profilo umano ed umanitario. 

Di seguito alcune pecche o punti che avrebbero meritato una trattazione più accurata o approfondita: 


  • Il principale errore  è quello di associare la leucemia del presentatore TV Norikazu Otsuka [min 18:40] all'aver mangiato poche verdure della regione di Fukushima. L'assenza di relazione tra le due cose era già stata menzionata qui, per ammalarsi di tumore il presentatore avrebbe dovuto ingerire quantità immense di verdura e comunque la leucemia sarebbe comparsa dopo molto più tempo. Stesso discorso per il politico Yasuhiro Sonoda [min 18:20],  che  con evidente nervosismo (e "strizza")  bevve l'acqua decontaminata di Fukushima cui viene attribuita una leucemia dopo tre mesi. La malattia non risulta però  dal sito ufficiale del politico, la cui più recente apparizione è del 29/11/2012 e che ha partecipato alle elezioni del dicembre 2012. (Forse ci si riferisce ad uno degli eroi di Fukushima, il direttore della centrale Masao Yoshida, che ha salvato i reattori continuando a far circolare acqua per raffreddarli).


  • Le citazioni dell'incidente di Chernobyl sono pertinenti fino ad un certo punto. Anche se si potrebbe discutere a lungo delle differenze tra i dati "ufficiali" e quelli di Greenpeace (che essenzialmente si basano su un modello statistico in cui gli effetti della radiazione non hanno una soglia), la differenza cruciale tra Chernobyl e Fukushima risiede nel fatto che nel caso giapponese il nucleo non è stato esposto e l'esposizione alla radiazione della popolazione è stata molto minore. 


  • La soglia massima di cesio per i bambini secondo uno studio russo [min 23.44] viene riportata in 50Bq/kg.  Tuttavia si riferisce presumibilmente all'attività di cesio nel cibo, e nell'ipotesi che tutti mangino cibo sempre contaminato. Al momento la soglia nell'attività del cibo ammessa dal governo nel cibo è di 100 Bq/kg, sempre da raffrontare con i 125Bq/kg di potassio 40 presenti nelle banane.  


  • Inoltre il reattore 4 non è stato danneggiato dallo tsunami, ma dall'esplosione dell'idrogeno che proveniva dal reattore vicino. La piscina di raffreddamento in cui le barre sono poste non manifesta alcuna criticità ed è attualmente in sicurezza. Inoltre, nell'improbabile evento che la piscina si prosciughi non è possibile che si scateni un incendio, fenomeno chimico che non può  aver per come sono fatte le  barre di combustibile (diverso era il caso di Chernobyl, dove le barre di controllo della reazione erano di grafite e dunque carbone e si sono incendiate a causa dell'enorme pressione e temperatura raggiunta dal nucleo). 


In conclusione si tratta di un buon lavoro, che può confondere in alcuni punti per il montaggio che passa forse troppo spesso tra argomenti correlati ma diversi. Un suggerimento all'autore potrebbe essere di aggiungere un aggiornamento stile "report" o "blu notte" sullo stato al 2012 (o 2013!) della centrale. 

Ringazio nuovamente  Alessandro Tesei per la sua disponibilità e apertura alla discussione se vorrà replicare ai vari punti su questo blog sarà sempre il benvenuto.


ps 
Un ultimo appunto super-pignolo (ma scherzoso): l'apertura del documentario riprende - volutamente o no - quella del film "Contact". In quel caso però l'idea era di un'onda elettromagnetica che si propagava nella galassia. In questo caso il segnale - si voglia di raggi gamma o neutrini - è solo rivelabile in caso di esplosioni nucleari. Negli incidenti menzionati non vi è nulla che un'ipotetica razza extraterrestre potrebbe determinare a distanza se non lo spegnimento dei reattori in seguito alla messa in sicurezza dopo le prime scosse di  terremoto. 



venerdì 21 dicembre 2012

Durante l'Apocalisse (10): Il crollo della civiltà maya

Illustrazione di Shun Iwasawa

Parte delle risposte all'enigma della sparizione della civiltà Maya viene dalle condizioni ambientali: con il raffinarsi delle tecniche di analisi geologica e paleobotanica è stato infatti possibile ricostruire il clima dello Yucatán negli ultimi millenni. Dall’analisi dei depositi e sedimenti lacustri e oceanici è stato possibile determinare che questa regione aveva goduto di ampie precipitazioni per almeno 5.000 anni, sino al VI secolo a.C., cui ha fatto seguito un periodo di relativa siccità tra il 475 e il 250 a.C. Il termine di questo periodo arido vide il fiorire della civiltà classica Maya, per quattro secoli, sino al II secolo d.C. Un nuovo periodo di aridità si registra tra il II e il III secolo, determinando un primo evento di rilievo: il crollo della civiltà di El Mirador nel bacino di Petén. Questo evento rimase circoscritto e non giunse a danneggiare le città più a Nord. Tuttavia, cinque secoli più tardi, nel 760 d.C., ebbe inizio la peggiore siccità – sia per durata che per intensità – mai abbattutasi sullo Yucatán nei precedenti 7.000 anni. Dopo un breve periodo di tregua, questa fu seguita da altre tre tra l’810 ed il 910 d.C., decretando la fine dei principali regni Maya. In qualche modo, una irregolare ciclicità era quindi implicita nel sistema socio-economico della zona, con fasi successive di durata facilmente ricordabile e trasmissibile a memoria d'uomo. Forse questo tipo di alternanza può aver ispirato il concetto di tempo ciclico proprio in quell'area.
Tra le cause del grave cambiamento climatico, una delle più probabili è quella legata all’attività solare: diversi studi sui sedimenti dei laghi dello Yucatán mostrano come i periodi aridi si siano ripetuti con una cadenza di circa due secoli. Questo andamento è stato correlato ad una periodicità di circa 206-208 anni del numero di macchie solari. Come verrà analizzato nel capitolo 3, il clima terrestre è influenzato dal numero di macchie solari a causa della differente quantità di luce e calore che proviene dalla nostra stella.
Certamente, però, le cause del crollo definitivo non furono esclusivamente climatiche. I Maya determinarono profondi danni all’ambiente deforestando ampie parti della giungla, erodendo ed impoverendone il terreno. La deforestazione era necessaria non solo per l'impiego diffuso del legname nelle costruzioni sacre e negli usi domestici, ma soprattutto per la necessità di creare continuamente nuove terre coltivabili quando quelle vecchie erano rese inutilizzabili dopo pochi anni di coltivazione intensiva del mais. I danni all'ecosistema si riversarono ben presto – come è avvenuto più volte – sulla tenuta del sistema sociale. Nella storia dei Maya la riduzione delle risorse alimentari disponibili ha causato un incremento delle guerre e dei conflitti accesi per assicurarsi le poche risorse residue. Inoltre tali guerre riguardavano un territorio tutto sommato ben limitato. Per le condizioni orografiche, per la mancanza di strade strutturate e di consistenti mezzi di trasporto, i Maya erano condizionati dall’impossibilità logistica di condurre campagne di ampio respiro portate su territori remoti. In queste condizioni anche il ricorso alla guerra non apportava benefici duraturi all'approvvigionamento delle risorse alimentari. È plausibile che questi fenomeni naturali abbiano scatenato la rivolta delle classi inferiori contro sacerdoti e sovrani dei vari Stati. Questi erano infatti colpevoli agli occhi del popolo di non aver saputo custodire e alimentare il patto con gli dei, della cui ira la siccità era evidente dimostrazione. A quel punto si determinava il dissolversi del sistema di governo e di difesa e l'irreparabile situazione, in una città-stato ormai maledetta dagli dei, non lasciava altro scampo se non l'emigrazione ai pochi che non erano morti di fame.

Avviso ai sopravvissuti: La sera del 21/12/2011 alle 21:12 italiane parteciperò al podcast in tempo reale sullo pseudo-Apocalisse  (google hangout) con gli amici di  scientificast.it

(10) continua.
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giovedì 20 dicembre 2012

In attesa dell'Apocalisse (9): Il vero enigma dei Maya


File:Chichen-Itza-Castillo-Seen-From-East.JPG
Al termine del IX secolo d.C. ebbe inizio il declino della Civiltà Classica Maya. Vi furono violenti sommovimenti popolari e la popolazione si ridusse drasticamente abbandonando le città e disperdendosi in parte verso nord, in prossimità della costa atlantica. Nelle zone centro-meridionali della penisola dello Yucatán , dopo l’800 d.C. scomparve tra il 90 ed il 99% della popolazione, con i suoi re, e con tutto il bagaglio di organizzazione politica e sociale che l’aveva caratterizzata in precedenza. Si stima che nella regione del bacino di Petén – corrispondente al territorio dell’attuale Guatemala – vivessero tra 3 e 14 milioni di persone: di questi, dopo il disastro, ne sopravvissero appena 100 mila.
Gli agglomerati urbani che erano fioriti nella classicità furono lasciati in completo abbandono e quindi vennero ricoperti ben presto dalla vegetazione e inglobati dalla giungla; i Toltechi ed altri popoli conquistarono una parte del territorio maya ed il resto si frantumò in una miriade di città stato.
Il cuore dell’impero maya non vide più anima viva e, soprattutto, tale rimase anche quando – ben oltre la siccità – il terreno cominciò a rinverdirsi superando lo stress che aveva subito per la carenza di pioggia e per l'ipersfruttamento, segno evidente che non c'era più popolazione superstite né altra sopravvenuta interessata a strappare alla giungla l’antico territorio. Della localizzazione delle città e del loro splendore si perse, nel tempo, anche il ricordo.
La maggior parte delle conquiste scientifiche e tecnologiche andarono perse: la qualità dei manufatti e delle sculture successive realizzate nell’età definita “postclassica” mostra chiari segni di regresso. Tra le perdite vi fu anche l’uso del calendario di lungo computo, le sue connotazioni religiose, le sue finalità scientifiche, il suo impiego pratico. Così scompariva il segno tangibile del più grande traguardo scientifico ed astronomico raggiunto da questa civiltà.
Lo studio di date, calendari e sistemi di numerazione è quindi importante non tanto per farne derivare profezie ad uso nostro, ma per cercare di risalire alla causa della fine della loro cultura.
Perché e in che modo in quel periodo è sparita in pochi anni una popolazione di milioni di individui, socialmente ben strutturata, potente in armi, maestosa nei monumenti? Cosa è successo di così catastrofico da indurre all’abbandono completo di metropoli di varie centinaia di migliaia di abitanti? Perché le città non sono mai state riabitate, neppure da altre popolazioni con diverse culture? Una volta chiarite le cause, quale rilevanza culturale o implicazioni pratiche ciò assumerebbe per la nostra civiltà?
Il dibattito sulla fine della civiltà Maya è ancora aperto e da molti considerato uno dei più grandi enigmi dell’archeologia. Sono state avanzate varie ipotesi al riguardo: invasione di popoli stranieri, sovrasfruttamento del terreno, rivoluzione sociale delle classi inferiori, diffusione di epidemie… ma nessuna è conclusiva nello spiegare la rapidità del crollo della popolazione e l’abbandono delle città.

(9) continua

mercoledì 19 dicembre 2012

L'arroganza dell'ignoranza trascende cultura scientifica o umanistica


Nei giorni scorsi si sono tenute le prove di pre-selezione per gli aspiranti docenti nella scuola. 

Le reazioni al concorso sono state le più disparate e  su più fonti di informazione è stato dato spazio agli esclusi che hanno  lamentato l'assurdità della prova o come questa facilitasse le discipline scientifiche a scapito di quelle umanistiche.

Va ricordato che:

1. Il  MIUR ha messo online in anticipo tutti gli esercizi e tutte le domande che sono selezionate casualmente. E' possibile quindi -  con 70 prove da 50 minuti -  cimentarsi con tutte le domande che sarebbero state estratte nel concorso.



2. Le domande vertono su problemi di logica, lingua  italiana,  lingua straniera, informatica, matematica ed insiemistica. In dettaglio (sempre dal sito del MIUR):


Ogni verifica è composta da:
  • 18 domande di capacità logiche
  • 18 domande di capacità di comprensione del testo
  • 7 domande di competenze digitali
  • 7 domande di conoscenza della lingua straniera
La risposta corretta vale 1 punto, la risposta non data vale 0 punti e la risposta errata vale -0,5 punti
Nell'esercitazione potrai conoscere il risultato della prova solo rispondendo a tutte le 50 domande presenti e ti verrà mostrato il riepilogo delle risposte date. Il punteggio minimo richiesto per superare la prova è di 35 punti




3. Si è trattato di  una pre-selezione per selezionare un sottoinsieme di aspiranti docenti, analogo al test di ammissione all'università nelle facoltà a numero chiuso. Lo scopo ovvio è di ridurre tempi e costi della selezione.  Seguiranno altre prove per selezionare i vincitori del concorso.


Le domande non paiono particolarmente difficili e non prediligono la cultura scientifica o umanistica. La maggior parte non sono neanche di cultura generale, ma servono a valutare la conoscenza dell'italiano (a livello di scuola elementare) e capacità logiche con quiz estremamente più semplici di quelli della Settimana Enigmistica. 

Va inoltre lodato il MIUR (incredibile dictu!)  che ha allestito postazioni di computer, un esame completamente online, trasparente,  scevro di raccomandazioni, impicci ed imbrogli (almeno in questa fase).


Tra gli esclusi vi sono stati alcuni casi chiassosi che oltre alle argomentazioni di cui sopra, si sono detti fieri di non aver passato l'esame ed hanno rivendicato l'assurdità dello stesso. In qualità di genitore mi sentirei in dovere di rispondere che: 

1)  Andar fieri della propria ignoranza non è forse un  atteggiamento formativo nei confronti di bambini e ragazzi. 

2) Andar fieri di non "aver studiato per l'esame  perchè è assurdo" non è forse un  atteggiamento formativo nei confronti di bambini e ragazzi. 

3) Parimenti, protestare e "buttarla in caciara" perchè si è (fieramente) ignoranti e non ci si è (fieramente) preparati, non è forse un atteggiamento formativo nei confronti di bambini e ragazzi

4) Ognuno può trarre le proprie conclusioni (un parere analogo si trova qui) ed ha il diritto alla propria opinione, ma io toglierei istantaneamente mio figlio dalla classe o scuola in cui un insegnante non sia in grado di contare il numero di "B" e di "O" in una sequenza di lettere, e che non sappia cosa vuol dire diafano, che non sappia quali sono i numeri divisibili per 3 e per 4 e che  non sappia negare un'affermazione.






martedì 18 dicembre 2012

In attesa dell'Apocalisse (8): Maya e Millennium Bug

Pagina del Codice di Dresda
 (da wikipedia)

Nel post precedente abbiamo visto come la terza era della cosmogonia Maya avesse avuto una durata infinitamente superiore a quella del 13 baktun (o circa 5000 anni) che si trova riportata in giro: la stele di Coba riporta una data immensamente più grande degli anni trascorsi dall'inizio del Big Bang.  
Un troncamento simile è stato adottato dai computer nel ventesimo secolo: per risparmiare memoria al tempo preziosa, la datazione dell'anno veniva abbreviata limitandone il campo alle ultime due cifre significative (01/01/70 invece di 01/01/1970; 31/12/99 invece di 31/12/1999). Il che ha fatto la fortuna di altri profeti di sventura che ipotizzavano allora l’apocalisse informatica, a causa del millennium bug, versione aggiornata del “mille e non più mille” profetizzato erroneamente anche nel medioevo. Così come il primo gennaio 2000 non ha segnato la fine del mondo, nella società maya il 21 dicembre 2012 marca semplicemente la conclusione del ciclo relativo al 12° baktun  e l’occasione di grandi festeggiamenti.
La "fine del mondo" del 2000 era collegata soprattutto a caratteristiche tipiche sistemi Microsoft; analoghi problemi su sistemi unix attribuiscono la fine del mondo informatico all'anno 2038. 
Del resto l’uso della notazione del calendario estesa e quella accorciata a cinque cifre ricorda quello degli indirizzi su internet. Al momento ciascun computer è accessibile tramite un indirizzo a 32 bit raggruppati in 4 blocchi che vanno da 0 a 255, ad esempio: 192.0.43.10. Una tabella mette poi in corrispondenza il numero con un nome: 192.0.43.10 corrisponde a www.example.com.
 Potendo indirizzare un massimo di 4 miliardi di computer, questa rete è ormai satura e richiede da tempo la transizione ad un indirizzamento con un numero maggiora di blocchi (a 128 bit, da IPv4 a IPv6).
L’uso della notazione calendariale estesa, con il numero 13 ripetuto per 20 volte, si trova utilizzata sia in parecchie altre iscrizioni che nel codice di Dresda, in cui sono anche narrati eventi mitologici avvenuti 34000 anni prima dell’ultima creazione.
      Il contesto delle iscrizioni e dei testi induce quindi a ritenere che il corretto punto di riferimento usato nel lungo computo fosse simbolico, e formalmente situato svariati miliardi di anni prima del 3114 a.C. Inoltre il numero 13 corrisponde infatti ad un may, un periodo che riveste una particolare importanza mistico-religiosa nella simbologia Maya. In questo caso esso aveva probabilmente un significato speciale: un analogo Maya del nostro concetto di infinito.

(8) continua
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lunedì 17 dicembre 2012

In attesa dell'Apocalisse (7). Più vecchio dell'universo: la stele di Coba


Nei post precedenti abbiamo visto come i calendari maya fossero estremamente precisi anche su periodi molto lunghi. Basati su una notazione matematica  in base 20, assieme agli almanacchi erano in grado di prevedere i movimenti dei pianeti anche  vari secoli. Il 21 dicembre 2012 avrà dunque  inizio il tredicesimo baktun, una data che secondo alcuni  corrisponderebbe alla durata dell'era precendente (ora siamo nella quarta era della cosmogonia maya)
Tuttavia, per quanto innaturale sia questa forzatura per adattare concetti di una diversa civiltà sulla nostra, anche l'idea che le date avessero appena cinque componenti è errata e riduttiva nei confronti del loro pensiero. Il lungo computo non si fermava infatti con cinque cifre, con i baktun. Molte stele Maya riportano glifi per ben nove cicli: la cifra significativa più grande in questa rappresentazione è l’alautun (ma questo è solo un nome convenzionale attribuito dagli archeologi, dato che la pronuncia esatta è ignota). Un alautun corrispondeva a 160 mila baktun ed aveva la durata di 64 milioni di anni ufficiali[i]; a Quiriguà si trova un’iscrizione che fa riferimento agli ultimi 5 alautun, più di trecento milioni di anni fa.
Ma è la stele di Coba a fornirci un riferimento esatto secondo la mitologia maya. Essa riporta la durata completa dell’era precedente l’attuale: sulla pietra è inciso questo immenso numero:
13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.13.0.0.0.0
La durata dell'era passata secondo la stele di Coba. La data di lungo computo di 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 13 . 0 . 0 . 0 . 0 corrisponde a 28 miliardi di miliardi di miliardi di anni, enormemente antecedente alla nascita dell'Universo
Procedendo da destra a sinistra ciascuna cifra rappresenta un valore 20 volte superiore a quello precedente, la data rappresentata sulla stele di Coba corrisponde quindi a circa 28 miliardi di miliardi di miliardi di anni. Il che ci dice che manca ancora qualche eone per il compiersi dell’era corrente e l’eventuale verificarsi della profezia.
Se si tiene presente che secondo la nostra scienza attuale l’universo ha non più di 15 miliardi di anni – dato peraltro allora sconosciuto – la fantastica data concepita dai Maya testimonia la loro audacia culturale nel concepire un riferimento tanto remoto nel tempo. Al tempo stesso evidenzia che si tratta di una cifra dal denso valore simbolico, arricchito di connotazioni religiose e mistiche, facendoci comprendere il senso infinito e indefinito del tempo con cui le popolazioni dello Yucatán erano abituate a convivere, ben lontano dal diretto significato numerico che noi oggi attribuiamo alle cifre nella aritmetica posizionale.
I quattro zeri e l'unico tredici riportati sulla stele di Tortuguero 6 e nei documenti successivi non sono quindi altro che la parte finale dell'intera datazione di Coda: vale a dire una notazione breve - adottata solo per motivi di semplicità e di spazio – di una data che nel tempo aveva assunto valore sacrale, scardinando l'assolutezza della fine del mondo nel 2012 (o di qualunque altra data) secondo le ballate dei moderni cantori dell'apocalisse.






[i]Nel lungo computo abbiamo: kin=1 giorno, uinal=1 mese di 20 giorni, tun=1 anno di 18 mesi (360 giorni), katun=20 anni di 360 giorni,baktun=400 anni, pictun=8000 anni, calabtun=160000 anni, kinchiltun=3,2 milioni di anni, alautun=64 milioni di anni corrispondenti a 23,04 miliardi di giorni.

venerdì 14 dicembre 2012

Scova le differenze! Elezioni e campagna elettorale in Giappone

Uno dei volantini della
 campagna elettorale
Il prossimo 16 dicembre si terranno le elezioni in Giappone. In questo post del bel blog di Andrea Ortolani sono descritte molte interessanti peculiarità della legge elettorale giapponese, della campagna elettorale e  del finanziamento ai candidati.
Una interessante peculiarità è che i candidati al parlamento vanno di persona alle stazioni dei treni del loro collegio e fanno loro stessi (con collaboratori) volantinaggio e discorsi al microfono. In foto è riportato il volantino di Toyoda Mayuko, una delle candidate del partito Liberal-Democratico del Giappone (Jimintou) consegnato dalla stessa interessata sulla linea Musashino. Passando per la stessa stazione alla mattina ed alla sera ho potuto constatare di persona che l'aspirante parlamentare era stata lì per tutta la giornata. 
Questa prassi si applica anche ai vertici del partito, l'ex-premier Naoto Kan, del Partito Democratico del Giappone (Minshutō) è stato recentemente vittima di un piccolo incidente sul suo mini-furgoncino (che non può portare più di 4 passeggeri) mentre faceva campagna elettorale tra una stazione e l'altra. Una intervista di Pio D'Emilia al premier/candidato/addetto al volantinaggio si può trovare su SkyTg24 ed in rete a questo indirizzo.  

News photo
Il furgoncino di Kan dopo l'incidente alla città di Fuchu (Tokyo). Foto da qui

giovedì 13 dicembre 2012

In attesa dell'Apocalisse (6): Il tredicesimo Baktun dei Maya ed il loro inizio senza fine.

Disegno di Shun Iwasawa

Una stele a Quirigá porta dei computi impeccabili che si spingono indietro di oltre novanta milioni di anni. In un’altra, sempre a Quirigá, il computo si spinge a 400 milioni di anni. Si tratta di conteggi relativi alle posizioni astronomiche di giorno in giorno e di mese in mese, e come sistema si avvicinano ai nostri calendari perpetui

J. E. Thompson, La civiltà Maya, 1970

La parte saliente della cosiddetta fine del mondo secondo i Maya dipende dalla fine del computo del tempo secondo il più complesso dei loro calendari. Ma se in un sistema di calcolo c'è una fine ragionevole, anche l'inizio deve esistere ed essere altrettanto ragionevole. Nello specifico, l'inizio c'è: è il 3114 a.C., almeno ad un’analisi superficiale.
L’inizio del calendario di lungo computo avrebbe dunque la data 0.0.0.0.0 maya e corrisponderebbe al  3114 a.C.. Questo valore rappresenta però una data fittizia, una pre-datazione convenzionale riferentesi a quando i Maya vivevano ancora nella preistoria. Tutte le vicende di questo popolo hanno infatti luogo nei baktun 8, 9 e 10, dunque tra 3.200 e 4.000 anni dall’inizio del calendario. Sono questi i valori che si ritrovano nei codici e nelle stele superstiti: infatti la data più vecchia di lungo computo, rinvenuta su un monumento nell’area Maya, risale al 197 d.C.; al di fuori della zona di influenza specifica Maya si arriva al 36 a.C. La data dell’11 agosto 3114 a.C. risulta dunque retrodatata in corrispondenza ad un qualche evento della mitologia o delle leggende Maya.
La ragionevolezza della scansione temporale dei Maya sta nella sua ciclicità. Anche nel calcolo più lungo, dopo il numero più grande torna l'anno zero e via così.
Il concetto ciclico che i Maya avevano del tempo, da alcuni anni, viene però forzato per ricavarne interpretazioni apocalittiche applicabili ai giorni nostri. La tesi è che – secondo i Maya – la fine del mondo sarebbe giunta dopo un numero di giorni pari a quello della durata della scorsa era, la terza. Questa durata è riportata su più stele: il suo ultimo giorno porta la data convenzionale di 13.0.0.0.0, 4° Ajaw 3 Kankin, corrispondente al già citato 12 agosto 3114 a.C.. Nel giorno successivo ebbe inizio la quarta (ed attuale) era, con data 0.0.0.0.0.
Ora, secondo i profeti nostrani, quando anche questa era fosse giunta alla data 13.0.0.0.0, il mondo avrebbe avuto termine per un qualche non specificato cataclisma. Ma, al di là della consistenza della profezia e dell'esattezza delle ricostruzioni, l'attribuzione della fine del mondo al 13.0.0.0.0 è corretta?
In realtà l'idea che le date dei calendari maya avessero appena cinque componenti è errata e riduttiva  del loro pensiero. Il lungo computo non si fermava infatti con cinque cifre, con i baktun, ma andava molto oltre:  quanto oltre sarà oggetto del prossimo post. 

(6) continua