domenica 28 agosto 2011

Chernobyl e Fukushima: due incidenti diversi

L’incidente al reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl ebbe luogo alle ore 1:23 del 26 aprile 1986. La violazione delle procedure operative e di sicurezza, la scarsa conoscenza del funzionamento e comportamento del reattore e la mancanza di comunicazione tra gli addetti coinvolti all’atto dell’incidente furono la causa di quella catastrofe. Infatti, in un pericoloso quanto mal pianificato esperimento per verificare il comportamento del reattore in condizioni critiche, i responsabili in turno alla centrale disinserirono molti dei sistemi di sicurezza ed esclusero il sistema di raffreddamento di emergenza. Il reattore fu portato ad operare in un regime estremamente instabile di bassa potenza e con poche barre di controllo inserite. L’elevata temperatura dell’acqua di raffreddamento formò delle bolle simili – ma più grandi – a quelle che compaiono nell’acqua in una teiera prima che giunga ad ebollizione. La presenza di queste bolle di vapore riduceva la presenza di acqua e dunque la capacità di assorbire i neutroni della reazione a catena. Meno acqua implicava una reazione nucleare più intensa che aumentava il calore che a sua volta faceva bollire ancora più acqua formando bolle sempre più grandi e aumentando ancora la reazione nucleare, la temperatura e la pressione del reattore. Questo circolo vizioso fu rotto solo dall’esplosione termica del reattore, che liberò isotopi radioattivi (cesio-137, iodio-131, plutonio-239, 240, 241) in una grande regione, spinti in alto dall’incendio innescato dalla grafite (essenzialmente carbone) che era usata per moderare il reattore. Si calcola che circa 33.000 Tera Bq (ossia 33 miliardi di miliardi di Bq ) siano stati sparsi nell’aria dall’incidente di Chernobyl. 
Più di 100 persone furono esposte radiazione in dosi di svariati Sievert, vale a dire migliaia di volte più alta di quanto sinora avvenuto a Fukushima. 

Un ottimo libro che analizza in dettaglio l'incidente di Chernobyl, le sue cause, gli effetti fisici a breve  e lungo termine è: 
R. F. Mould, Chernoby Record. The Definitive History of the Chernobyl Catastrophe, IOP publishing 2000
Su Amazon  è di sponibile a  più di 100 $, ma sono consultabili molte pagine in anteprima. 

50 individui morirono nei giorni successivi all’esposizione: si trattava di addetti alla centrale, di piloti, di pompieri. Gli abitanti della città di Pripyat, Chernobyl e di più di un centinaio di villaggi, per un totale di circa di 120.000 persone, dovettero essere evacuati nei giorni seguenti: non avrebbero fatto più ritorno nelle loro case. Centinaia di migliaia di “liquidatori”, ovvero il personale esposto ad elevate dosi per mettere in sicurezza e sigillare il reattore, sono morti o sono malati. La nube contenente materiale radioattivo si sparse per l’Europa, dove avrebbe aumentato l’incidenza dei tumori negli anni a venire. 

Gli effetti biologici e sulla popolazione sono noti con minor certezza. Esistono rapporti che forniscono versioni fortemente contrastanti dei danni e dei morti causati dall'incidente di Chernobyl:

Secondo il rapporto UNSCEAR in numero di morti accertati è pari a 58. Inoltre tutti i tumori alla tiroide, essendo stati individuati in tempo grazie ad un accurato monitoraggio tra la popolazione, non hanno causato vittime. 




A Fukushima i reattori sono relativamente intatti e la quantità materiale radioattivo disperso è minore di quello della centrale ucraina. Nonostante la reazione nucleare fosse stata interrotta pochi secondi dopo il terremoto, il calore residuo è stato sufficiente a fondere le barre di combustibile in assenza di ricircolo dell'acqua. Questa fusione non ha nulla a che fare con la fusione nucleare ma – come tanti  bastoncini di cioccolato lasciati al sole  -  ha squagliato insieme le barre di combustibile, di controllo e del moderatore in un’unica massa, rendendone estremamente difficile se non impossibile, la rimozione.
Senza acqua e con il nucleo fuso la temperatura nei reattori è salita di migliaia di gradi e il rivestimento interno di zirconio ha scisso l’acqua in idrogeno e ossigeno. L’idrogeno è un gas leggero e altamente esplosivo e accumulatosi negli edifici dei reattori ne ha causato l’esplosione (chimica). Anche il reattore numero 4 è esploso a causa dell'idrogeno proveniente dal numero 3: infatti le barre site nella piscina, inizialmente (anche al tempo di stesura del libro) indicate come causa dell'esplosione, sono state trovate in buono stato.
Anche se i contenitori in metallo sono stati fuso, le protezioni in cemento dei reattori della centrale giapponese sono ancora intatti, dato che l’esplosione ha avuto luogo negli edifici e non nel reattore come nella centrale ucraina.

Nel caso di Fukushima le stime di radioattività fuoriuscita variano moltissimo ed alcune stime le pongono anche al di sopra di quelle di Chernobyl: si va da 10.000 a 500.000 Tera Bq di materiale radioattivo. Tuttavia questi valori non sono affidabili e soprattutto non tengono conto del fatto che la maggior parte della radioattività è stata poi dispersa sul mare o in mare, riducendo sino ad ora il rischio per il Giappone.

(adattato, aggiornato ed espanso dal testo sul "Come sopravvivere alla radioattività". Grazie a tutti quelli che hanno fornito commenti e suggerimenti)

L'incidente al cargo Progress e le ripercussioni sulla Stazione Spaziale Internazionale.

Il 24 agosto scorso il cargo russo Progress-44 si è schiantato al suolo a causa di un malfunzionamento del razzo Soyuz-U,
La capsula Progress, lanciata dal cosmodromo spaziale di Baikonur,  è in grado di portare più di due tonnellate di rifornimenti sulla ISS: questo è il primo fallimento in più di trent'anni di glorioso servizio in cui questo muletto dello spazio ha portato rifornimenti a stazioni orbitanti dalla Salyut alla Mir sino alla attuale Stazione Spaziale Internazionale (ISS) .
Sembrerebbe che la causa dell'incidente sia da attribuirsi ad un problema ai motori del terzo stadio del razzo Soyuz-U. 

La Progress 20-P mentre viene issata sulla rampa di lancio (19-12-2005, foto mc)


Il problema è che   il razzo Soyuz è lo stesso utilizzato per portare astronauti nello spazio. Vi sono minime differenze nella famiglia dei lanciatori a seconda che il carico sia di persone, cargo o satelliti, ma la struttura di base è la stessa. Anche la capsula Soyuz (che porta lo stesso nome del vettore) è molto simile alla Progress in forma e dimensioni anche se accoglie tre astronauti nel suo interno. 
Con il ritiro dello Shuttle dopo l'ultimo volo di luglio, la Soyuz è l'unico mezzo in grado di avvicendare l'equipaggio a bordo della ISS. A parte le Shenzou cinesi al momento  non vi è altro modo di mandare l'uomo nello spazio. 

La Soyuz TMA-6 con a bordo l'astronauta italiano Roberto Vittori (Missione Eneide, 14 giugno 2005, foto mc). Notate la torre di espulsione d'emergenza in cima al razzo (assente nel caso della Progress). In caso di problemi al lanciatore, la torretta, un piccolo ma potente vettore si attiva e porta gli astronauti lontano dalla rampa di lancio.  Il suo uso si è reso necessario  una volta negli anni '80.   


La situazione è lungi dall'esser critica, gli astronauti hanno abbondanza di provviste e - nel peggiore dei casi - possono rientrare in qualunque momento con la Soyuz sempre attraccata alla stazione. 
Anche per il cargo vi sono varie ma costose alternative: l'ATV europeo e l'HTV giapponese (quest'ultimo è l'unico in grado di portare equipaggiamento al di fuori della ISS, gli altri operano solo nella zona pressurizzata). 

Per quanto si possa auspicare che questa crisi rientri in breve, è evidente come l'esplorazione umana nello spazio sia sempre più appesa ad un filo.

ps  mi dice Luca di Fino  che nella Progress c'era anche il nostro materiale per proseguire il nostro l'esperimento Altea. Vediamo come va a finire....

venerdì 5 agosto 2011

Antimateria intorno alla Terra, PAMELA e viaggi interstellari

Dati recenti di PAMELA, pubblicati su Astrophysical Journal Letters (reperibile anche qui)  mostrano come nella magnetosfera terrestre sia presente una fascia stabile di antiprotoni, ossia antimateria a poche centinaia di chilometri attorno alla terra.
Queste particelle vengono formate dall'urto dei raggi cosmici galattici di più alta energia con gli strati alti dell'atmosfera: tra la miriade di particelle prodotte in queste collisioni vi sono anche antineutroni che possono decadere a loro volta in antiprotoni, che rimangono intrappolati nel campo geomagnetico.
Questa fascia di antiprotoni è molto più piccola di quelle di   protoni ed elettroni, dette di Van Allen dal nome del suo scopritore (un video delle fasce di Van Allen viste con pamela è presente qui).
Questo è il flusso di antiprotoni intrappolati  che abbiamo misurato con PAMELA. E' la prima volta che viene effettuata questa misura perché è necessario uno spettrometro magnetico per discriminare i protoni dalle loro antiparticelle in virtù della loro carica opposta. Oltre agli antiprotoni intrappolati (in rosso in figura) sono state rivelati anche antiparticelle prodotte in prossimità della terra ma che si perdono nel sistema solare (in blu). Per confronto, in nero è mostrato il flusso di antiprotoni provenienti dalla galassia.



I 28 antiprotoni rivelati intorno alla Terra da PAMELA sono rappresentativi di circa qualche miliardo di antiparticelle presenti in orbita attorno alla Terra. Troppo poche per rappresentare una forma di energia stabile o per alimentare futuristici motori a materia/antimateria. Tuttavia a questo link è presente un interessante documento che stima la quantità di antimateria presente nelle magnetosfere del sistema solare.
Le enormi magnetosfere di Giove e Saturno dovrebbero contenere centinaia di volte più antiprotoni di quella terrestre e dunque poter un giorno (molto remoto) essere utilizzati come minima sorgente di energia per viaggi interstellari. Il vantaggio di questa fonte è che - seppur piccola - si rigenera continuamente per l'urto delle particelle galattiche con le atmosfere planetarie.

Stime di antiprotoni presenti nel sistema solare (tratto da qui)